Pochi minuti fa osservavo quattro attempate turiste brasiliane: belle signore giunoniche, sgargianti nei colori e travolte dall’entusiasmo. Commentavano estasiate l’efficienza dei mezzi pubblici romani.
Poco dietro di loro, una famiglia irlandese – pelle bruciacchiata e sguardi provati dal sole italiano – scuoteva la testa: “Peccato, una città così bella... e così trascurata. Sporca, caotica, autobus insufficienti per tutta questa gente.”
Due scene. Due punti di vista. Tutto dipende da dove parti. E da quanto riesci ancora a vedere – davvero – il buono.
Non mi lamento dei mezzi scalcagnati della periferia dove vivo. Perché ricordo bene il 235, con orari sbilenchi e corse fantasma, che tentava di collegare (più per sport che per utilità) Borgata Fidene con la civiltà.
E ogni sera mi perdo nei tramonti variopinti e sempre nuovi che si stagliano maestosi davanti alla finestra del mio salotto, rigorosamente fuori dal grande Raccordo Anulare.
E' giusto lottare per migliorare le cose sì. Ma la vita è troppo breve per sprecarla lamentandosi.
Coltivare la capacità di vedere il bello, custodirla con cura, praticare la gratitudine ogni giorno: ecco la vera rivoluzione.
Forse – chissà – ci sentiremmo meno in credito con il Creatore. E un po’ più in pace col mondo.