Permetteresti mai a tuo figlio minorenne di farsi iniettare volontariamente una sostanza che dà dipendenza, crea assuefazione e modifica il cervello?
No? Eppure è ciò che fai ogni giorno, mettendo uno smartphone in mano a un bambino e lasciandolo affondare per ore in un abisso chiamato “social media”.
Esagero?
Chamath Palihapitiya, ex responsabile della crescita di Facebook, lo ha detto senza mezzi termini:
"Vogliamo capire dal punto di vista psicologico come manipolarti il più velocemente possibile per restituirti un po' di dopamina. Lo abbiamo fatto noi di Facebook, lo ha fatto Instagram, Whatsapp, Snapchat, lo ha fatto Twitter"
È premeditato. È scientifico. È disumano. E tu pensi ancora che si tratti solo di “passatempo”, che siccome non pubblichi e lo usi solo per guardare i tutorial sia innocuo?
Sandy Parakidas, ex operation manager di Facebook, ci ha sbattuto in faccia la verità nuda e cruda:
"Sei una cavia, lo siamo tutti. E non ci stanno usando per cercare la cura contro il cancro. Non è una cosa da cui noi traiamo qualche vantaggio. Siamo solo zombie e loro vogliono solo fare più soldi."
Hai capito? Ti stanno testando. E mentre tuo figlio scrolla TikTok per la quinta ora consecutiva, la sua mente viene lentamente riprogrammata per desiderare solo ciò che arricchisce loro e svuota lui.
Persino Tim Kendall, ex dirigente di Facebook e presidente di Pinterest, è caduto nel buco nero che lui stesso ha contribuito a scavare. Ha confessato con amarezza nel documentario The Social Dilemma:
"Ho provato con la semplice forza di volontà - Metterò via il telefono, lo lascerò in auto quando arriverò a casa. Credo di essermelo ripetuto migliaia di volte - Non porterò il telefono in camera da letto e poi, arrivavano le nove di sera e, beh..., la forza di volontà è stato il primo tentativo e il secondo tentativo è stato, la forza bruta."
Alla fine ha cancellato tutto. Perché non riusciva più a respirare.
L'ho fatto anch'io e ho ricominciato a vivere.
Allora chiediti: Vale davvero la pena sacrificare la salute mentale tua e dei tuoi figli per qualche like, una notifica, o un video da 10 secondi? E se dietro a depressioni, attacchi di panico, e tutti i disagi dei nostri figli ci fosse proprio tutto ciò?
Non sei ancora convinto? "Non controllano solo su cosa concentrano la loro attenzione; i social media in particolare cominciano a scavare sempre più in profondità nel tronco encefalico e prendono il controllo dell'autostima e dell'identità dei bambini." - aggiunge Sandy Parakidas già citato.
Ti lancio una sfida. Prova a passare mezza giornata offline. Quando ne hai sperimentata tutta la bellezza, proponila alla tua famiglia.
Non dire “è troppo difficile”. La verità è che ci hanno resi troppo deboli.
Forse sei ancora in tempo per uscire, almeno per qualche ora, da questo laboratorio in cui siamo le cavie.