lunedì 14 luglio 2025

Breaking news: un uomo scrive su carta e trova la libertà

Ieri, su consiglio del mio meccanico di fiducia, ho portato l’auto da un elettrauto per sistemare un piccolo guasto.

Era la prima volta che mi recavo lì, così ho controllato il percorso su Google Maps (minimalista digitale sì ma, Tuttocittà cartaceo l'ho superato). Mi sono annotato l’indirizzo e il numero civico su un foglietto che ho poi infilato nel portafogli.

Il semplice gesto di scrivere a mano quattro parole, tre numeri e una lettera è bastato: una volta in zona, non ho nemmeno avuto bisogno di consultare il foglietto. Avevo memorizzato tutto, senza alcuno sforzo apparente.

C’è chi mi dice che non ha più senso fare queste cose, ora che le “macchine intelligenti” possono occuparsene al posto nostro.

Perché la fatica di scrivere, quando puoi semplicemente dire a un’app di guidarti passo passo fino all’elettrauto?

Innanzitutto, perché scrivere è un piacere in sé, che vale già da solo lo sforzo richiesto.

Inoltre, secondo studi recenti, scrivere aiuta la memoria, migliora la comprensione e rafforza la connessione tra pensiero e azione.

Ed è proprio quello che ho sperimentato ieri: quel bigliettino nel portafogli – che non ho nemmeno dovuto tirare fuori – mi ha aiutato a ricordare l’indirizzo, a richiamare alla mente il percorso visto in precedenza e, mentre aspettavo (senza scrollare social), mi è tornato in mente l’elettrauto da cui andava mio padre trent'anni fa. Potrei ancora oggi declinarne indirizzo e generalità senza esitazione.

Scrivere, quindi, non è stato solo mettere giù due righe su carta: è stato un esercizio di memoria, orientamento, autonomia. È stato anche un momento di riflessione che ha risvegliato ricordi vecchi più di un quarto di secolo, permettendomi di fare confronti.

Tutto questo non sarebbe accaduto se non avessi scritto. Non accade se non lo fai più.

Ora prova a sostituire l’elettrauto con concetti come relazioni, affetti, ma anche cultura, lavoro, notizie, politica – tutto ciò che serve per comprendere la realtà, confrontare scelte, analizzare programmi, valutare dichiarazioni avventate di un leader dalla memoria corta.

Affidare completamente la scrittura e la memoria alle macchine ci priva, poco a poco, di parole, pensieri e confronti.

Meno parole, meno pensieri, meno memoria, meno autonomia.

E ci ritroviamo tutti meno liberi.

Un'elegante attesa, senza fine

La incontro ogni mattina. Sempre seduta sulla medesima panchina, accostata al colonnato di Piazza Pio XII, le gambe elegantemente accavallate, le mani adagiate con grazia sulle ginocchia, pare in attesa di qualcuno che non arriva mai.

Dritta, composta, con un’eleganza innata, dimostra forse sessantacinque anni. Attorno a sé, tutti i suoi averi racchiusi in un carrello pieghevole come quelli che usavano le nostre nonne, e un paio di buste. Eppure, nel suo sguardo fiero e sereno, sembra una regina che contempla con dignità il vasto regno della propria tenuta.

È sempre pulita, ordinata, con un filo di rossetto curato e nessun segno di trascuratezza. Quando, alle sei del mattino, passano gli operatori del Comune a lavare strade e marciapiedi, è la prima ad alzarsi e farsi da parte, con discreta solerzia.

Porta sempre un foulard, annodato con ricercata semplicità. A volte è rosso con ricami dorati, altre volte color ocra. Oggi è celeste, in tinta con l’abito — bello, quasi elegante — che indossa mentre siede aggraziata.

La sua statura, il portamento, il passo aggraziato e i tratti ancora segnati da una bellezza che fu abbagliante me la fanno immaginare in passerella, sotto i riflettori. Oppure a Capri, nella piazzetta, con un cocktail tra le dita, in attesa di un’amica del jet-set degli anni Ottanta.

Estate o inverno, con il sole o la pioggia, lei è lì. Sembra attendere un autobus che non giunge mai, un uomo che non arriva, un'auto — elegante come lei — che non accosta per portarla via da lì.

Se la saluti, ricambia con un aggraziato cenno del capo e un sorriso composto, gentile ma formale, che non lascia spazio ad altra comunicazione.

Per un attimo ti concede l’incontro con il suo sguardo, e poi, con la stessa grazia con cui ha socchiuso una porta, richiude la sua anima al mondo.

Torna così, silenziosa e dignitosa, elegante ed algida, a contemplare il vuoto, per riprendere la sua attesa senza fine.