Oggi, dopo il lavoro, mi fermo in via Gregorio VII. Commissioni veloci.
Parcheggiare qui è un’impresa da folli, come cercare una libreria in periferia. Ma ad agosto Roma si svuota: per pochi giorni, il posto si trova. Come in una città normale.
Scendo dall’auto e subito la vedo: un’anziana, pelle e ossa, piegata dal caldo, una stampella a reggerla e nell’altra mano una busta della spesa quasi vuota, leggera come carta, eppure per lei è un macigno.
Le sorrido. Lei no. Fa un cenno: è arrivata, non serve aiuto. E poi, fidarsi di me? Un uomo barbuto, vestito di nero. Ma chi diavolo sei tu?
Qualche metro più avanti, una coppia. Neanche trent’anni, ma corpi consumati, guance scavate, denti persi chissà per quale droga. Discutono animati, chiedendosi dove trovare un posto ancora aperto per una dose di metadone.
Dall’altra parte della strada una giovane di colore dallo sguardo assente aspetta, seduta su una panchina nonostante il termometro della farmacia segni 42 sadici gradi Celsius.
Si ferma un taxi e scende una donna bella, troppo bionda, troppo glitterata, troppo stanca e triste per essersi fatta noleggiare a prezzi modici. Ma forse è solo la mia testa che "sente" questi pensieri, magari è solo sfiancata dall'anticiclone africano.
Una vecchia sola, due tossici consumati, una straniera triste, una escort stanca. Forse ci sono sempre ma, chissà quante volte, ci passiamo accanto senza vederli perché diluiti nella folla.
Ma ad agosto si sa, Roma si svuota, restano gli ultimi e anche il centro si fa periferia.