mercoledì 20 agosto 2025

Due stolti, un funerale e un'amara verità

Ieri ho partecipato al funerale di una cara amica. Una donna straordinaria, dolce e giusta, matriarca di una grande famiglia con cui ho l’onore di condividere un legame fraterno che dura da più di tre decenni.

Non scriverò del dolore di ieri. Quello è giusto che resti nel silenzio, custodito dove deve stare: tra gli abbracci familiari e amicali che possono dire tutto senza bisogno di parole.

Ma c’è un episodio che mi ha fatto riflettere e che sento il bisogno di condividere.

Incolonnati dietro al feretro, in un mesto serpentone di automobili, ci dirigevamo al cimitero del paese in cui la nostra amica aveva scelto di riposare.

Mentre sfilavamo in una delle tante rotonde che ultimamente spuntano ovunque, una coppia sulla trentina – smartphone in mano, sguardo indovinate dove – ha preteso di attraversare tra il carro funebre e la prima macchina. Inveendo con violenza e volgarità, accusavano il corteo di non aver dato loro la precedenza.

Si potrebbe scrivere un trattato sull’insensibilità e la bassezza di due stolti incapaci di placarsi persino davanti alla morte. Ma non è questo il punto.

In quell’istante la memoria mi ha riportato indietro di decenni, al funerale di zia Olga, a Nettuno. Ricordo di aver chiesto a mio padre perché le auto provenienti in senso opposto si fermassero fino al passaggio del corteo.

“Per rispetto” – fu la sua risposta, semplice e piena di senso.

“E perché i negozianti abbassano le saracinesche quando passiamo?”

“Per rispetto” – ripeté, con la stessa convinzione.

In quei gesti essenziali, sobri ma partecipati, da bambino cominciavo a capire cosa significasse il rispetto. Quel valore che non nasceva da studi o titoli, ma da una coscienza viva e dall’urgenza di trasmetterla. E un patrimonio di princìpi nasceva e cresceva divenendo parte della mia identità più profonda. Era normale così.

E allora mi chiedo: dove lo abbiamo smarrito, quel rispetto? Quando abbiamo smesso di riconoscere la sacralità di certi momenti, il loro peso, il loro significato?

La coppia di ieri, vuota e distratta, non riusciva nemmeno a distinguere l’immagine filtrata da uno schermo da quella, infinitamente più reale e fragile, che avevano davanti agli occhi: una vita che si era spenta, una comunità che rallentava per onorarla.

Con la stessa vuota leggerezza e stolta impulsività con cui si lascia un insulto inutile sotto un post, quei due inveivano contro un defunto e la sua famiglia che ne piangeva la morte improvvisa.

E io mi chiedo – e vi chiedo: lo capiamo che tutto questo è drammatico? O continuiamo a far finta di nulla?