Da ieri ho un cellulare da anziani non aggiornati. Per capirci, quello pubblicizzato dalla nonna di Cappuccetto Rosso.
È basico ed essenziale, ma anche piccolo e comodo. Mi permette il minimo sindacale della comunicazione moderna.
In cambio, ho guadagnato due ore di vita libera al giorno. In un anno fanno quasi trentuno giorni: praticamente un mese di ferie in più da dedicare al contatto con me stesso e alle relazioni con gli altri.
Desidero comunicare da quando ho imparato a scrivere. All’inizio affidavo i pensieri a un diario; poi, con l’arrivo di internet, ho colto l’occasione per amplificare la comunicazione. Ma quando tutto è sfuggito di mano — negli ultimi dieci anni — mi sono accorto che non erano più gli strumenti a servirmi, ma io a servire loro.
Lettura, scrittura, riflessione… e anche le relazioni — a partire da quella con me stesso, e sì, anche con Dio — erano diventate come le storie di Instagram: rapide, superficiali, cancellabili in ventiquattr’ore.
Adesso provo a recuperare il tempo vero, quello che passa sì, ma lascia ricordi ed esperienze e non si scrolla via.