martedì 24 giugno 2025

Se me lo imponi dov'è la libertà?

Non siamo obbligati a usare Meta AI, è vero. Ma la sua icona è sempre lì: fissa, visibile, a pochi millimetri da quella che serve per iniziare una nuova chat.

Il 24 giugno, su WhatsApp, è comparsa l’icona di Meta AI: l’intelligenza artificiale firmata Meta.

Non l’ho scelta. Non l’ho attivata. E, cosa peggiore, non si può rimuovere.

Ho provato a “parlare” con la stessa Meta AI: mi ha ripetuto come un mantra che si può disattivare. Ma non è vero. L’icona resta lì, inchiodata. Non ha mai ammesso esplicitamente che non si può eliminare, ma nei fatti è così.

Ho contattato il supporto di WhatsApp. Risposta? Una versione umana del bot: la stessa cantilena. Ho riformulato la domanda in ogni modo possibile, e a un certo punto mi è stato chiesto di fornire “ulteriori dettagli”. Come se fossi io a non capire.

L’ultimo messaggio:

"La domanda potrebbe ricevere una risposta più accurata da parte di un team che si occupa di questo problema."

Serve un team per dire che Meta sta sfruttando la sua posizione dominante per imporre una strategia commerciale aggressiva e predatoria?

Una scelta strategica. Invisibile agli occhi, ma potentemente presente e cliccabile, per curiosità, per sbaglio...
Penso agli adulti, ma soprattutto ai ragazzi, ai bambini. A chi usa WhatsApp senza capire davvero cosa c’è dietro.

Imporre uno strumento — anche neutro — senza consenso, senza informazione e formazione, è un abuso.

Un abuso silenzioso, al quale stiamo acconsentendo per pigrizia o rassegnazione.

Abbiamo alternative. Signal, per esempio, funziona benissimo.

Ma continuiamo a stare su WhatsApp. Per abitudine. Per paura. Perché disinstallarlo richiederebbe un vero atto di coraggio.

Ma ne siamo ancora capaci oggi?