La mattina presto fai caso a suoni che poi, inghiottiti dal frastuono cittadino, non senti più.
Le rondini che garriscono, i gabbiani che stridono petulanti mentre i piccoli, cacciati dal nido per imparare a cavarsela da soli, ancora pigolano infantili e incerti.
Nuvole di visitatori ciacolano mentre le turistone americane starnazzano con quell'aria presuntuosa e saccente che solo loro sanno avere.
I pellegrini cantilenano orazioni e intonano canti brutti e una barbona urla tutto un dolore che non capisce ma, si sente - eccome se si sente - quanto le faccia male e le attanagli il cuore e la testa.
Quanti messaggi ci arrivano dalle persone, no, dai viventi che ci circondano.
Messaggi a volte crudi, spesso suggestivi, ma sempre reali, diretti, originali.
E i messaggi nascosti nello sguardo stanco di una moglie? Nel broncio indispettito di un adolescente? Nel sorriso dissimulato di un'anziana? Nel silenzio dell'amico che non si fa vivo da anni?
Vale davvero la pena perdere la capacità di ascoltarli e di sentire ciò che ci regalano, per scrollare appena possibile messaggi preconfezionati, studiati per far cassa e tenerci incollati a uno schermo mentre, senza accorgercene, diventiamo sempre più stupidi e soli?