A Scanno c’è una donna di quasi novantaquattro anni, Margherita Ciarletta. Ogni giorno, dal 1949, indossa il costume tradizionale del suo paese. Non per folklore, non per scena. Perché le piace. E tanto basta.
“Il costume di Scanno è bello, a me mie è piaciuto e l'ho indossato. E basta. Poi degli altri a me non mi interessa.”
Nelle sue parole c’è una semplicità disarmante, quella che appartiene solo a chi ha vissuto una vita intera senza cercare approvazioni. “Sei contenta della vita che hai fatto?” le chiedono. “Certo!”
Settantaquattro anni di matrimonio, raccontati con un sorriso e con una frase che sembra custodire un mondo: “Poi a me della gloria non importa per niente (…) non ci fai nessun progetto.”
Non ha un cellulare, non conosce Wi-Fi né social. Eppure oggi il suo volto gira ovunque. È diventata virale senza volerlo, senza nemmeno sapere cosa significhi. Lei accoglie questa notorietà con stupore e gentilezza: non rifiuta una foto, non nega un saluto, ma si sorprende che qualcuno la cerchi fin sulla soglia di casa.
E allora viene da chiedersi: cosa cerchiamo davvero in lei? Forse l’illusione di autenticità in un mondo che corre troppo. Forse solo l’ennesimo contenuto che gli algoritmi sanno far brillare per qualche ora perché funziona per far guadagnare gli inserzionisti...
L'immagine di Margherita in abito tipico è di una viralità fragile, destinata a durare il tempo di un trend: presto sarà archiviata, insieme ai gattini e ai balletti scemi che riempiono i feed. Ma Margherita è molto più di un contenuto: è una persona. Una custode di memoria, di tempo, di vita.
Io penso che la forza di nonna Margherita sia in quel contatto solido con se stessa che noi abbiamo perso perché perennemente distratti da qualcos'altro.
Se vuoi incontrarla davvero, se vuoi ritrovare quel contatto col qui e ora che questi vecchi ancora custodiscono, puoi andare a Scanno ma anche farti una passeggiata in uno dei tanti borghi d'Italia in cui tante Margherita – e anche qualche uomo – siedono davanti a una porta, traboccanti di vita e di storie autentiche da raccontare.
Perché l’Italia è piena di questi grandi vecchi: musei viventi, disincantati ma autentici, sobri e preziosi. Quanti di loro sonnecchiano, invisibili nelle RSA di tutta Italia?
Incontrarli sul serio è forse una delle cose più sensate che potremmo fare in questo periodo in cui tutto scorre senza lasciare veramente il segno.
Cercarli e ascoltare le loro storie potrebbe fare questo piccolo miracolo in ciascuno di noi.