La incontro ogni mattina. Sempre seduta sulla medesima panchina, accostata al colonnato di Piazza Pio XII, le gambe elegantemente accavallate, le mani adagiate con grazia sulle ginocchia, pare in attesa di qualcuno che non arriva mai.
Dritta, composta, con un’eleganza innata, dimostra forse sessantacinque anni. Attorno a sé, tutti i suoi averi racchiusi in un carrello pieghevole come quelli che usavano le nostre nonne, e un paio di buste. Eppure, nel suo sguardo fiero e sereno, sembra una regina che contempla con dignità il vasto regno della propria tenuta.
È sempre pulita, ordinata, con un filo di rossetto curato e nessun segno di trascuratezza. Quando, alle sei del mattino, passano gli operatori del Comune a lavare strade e marciapiedi, è la prima ad alzarsi e farsi da parte, con discreta solerzia.
Porta sempre un foulard, annodato con ricercata semplicità. A volte è rosso con ricami dorati, altre volte color ocra. Oggi è celeste, in tinta con l’abito — bello, quasi elegante — che indossa mentre siede aggraziata.
La sua statura, il portamento, il passo aggraziato e i tratti ancora segnati da una bellezza che fu abbagliante me la fanno immaginare in passerella, sotto i riflettori. Oppure a Capri, nella piazzetta, con un cocktail tra le dita, in attesa di un’amica del jet-set degli anni Ottanta.
Estate o inverno, con il sole o la pioggia, lei è lì. Sembra attendere un autobus che non giunge mai, un uomo che non arriva, un'auto — elegante come lei — che non accosta per portarla via da lì.
Se la saluti, ricambia con un aggraziato cenno del capo e un sorriso composto, gentile ma formale, che non lascia spazio ad altra comunicazione.
Per un attimo ti concede l’incontro con il suo sguardo, e poi, con la stessa grazia con cui ha socchiuso una porta, richiude la sua anima al mondo.
Torna così, silenziosa e dignitosa, elegante ed algida, a contemplare il vuoto, per riprendere la sua attesa senza fine.
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