lunedì 30 giugno 2025

Libero, tra le pieghe di uno spazio e di un tempo ritrovati

 "In una dimensione esclusivamente digitale perdi tante competenze che abbiamo impiegato milioni di anni per sviluppare (...). Perché lasciare che noi stessi si sia tutti racchiusi in un universo bidimensionale in cui lo spazio e il tempo vengono quasi completamente dissolti?

Noi viviamo nello spazio e nel tempo; sono le colonne d'Ercole della nostra esistenza. Se vivi attraverso queste impari a gestire la fatica che ciò richiede.

Se vivi in una vita bidimensionale ti senti molto più leggero perché non hai più a che fare con lo spazio e quasi non hai più a che fare con il tempo.

Quando torni da sta parte tu non hai sviluppato alcuna muscolarità, per cui finisce per diventare una sorta di droga.

Qui non sai più come vivere. Devi vivere per forza lì perché qui non hai più la struttura per sostenere i disagi che ti offrono lo spazio e il tempo." (Paolo Bonolis, a "Passa dal BSMT)

In questi venti giorni senza social e con lo smartphone ridimensionato, ho sentito una sorta di perdita di questa muscolarità, in ogni senso. Ma ora, vivo con gioia il piacere di ritrovarla.

La gioia di tornare a leggere con gusto, assaporando il piacere di immergermi nelle pagine, lasciandomi toccare, emozionare, interrogare dalla lettura.

Il piacere di prendermi cura, finalmente, delle piante sul terrazzo che da tempo gridavano vendetta.

Nei cosiddetti "tempi morti", alzo lo sguardo, osservo ciò che mi circonda, parlo con chi incontro, penso, sogno, progetto.

Scopro dettagli, situazioni, persone che prima non vedevo più.

Mi sento meno tonto. E con sorpresa — e soddisfazione — mi accorgo che non dimentico più le cose da fare.

Qualunque cosa stia facendo, ci sono. Presente, qui e ora. Senza quell'urgenza ansiosa di sbloccare il cellulare come se fossi in costante allerta.

E non succede niente. Anzi. Libero dal bisogno di farlo e dall'ansia che ne deriva, mi ritrovo a pensare serenamente ai fatti miei.

Meno stordito. Più presente. Più libero. Più sereno. Meno solo. E più forte di fronte alle fatiche della giornata.

Ridimensionare lo smartphone è stato il modo più semplice per tornare ad ascoltare la vita che mi parla.


sabato 28 giugno 2025

Il tempo vero, quello che non si scrolla via

Da ieri ho un cellulare da anziani non aggiornati. Per capirci, quello pubblicizzato dalla nonna di Cappuccetto Rosso.

È basico ed essenziale, ma anche piccolo e comodo. Mi permette il minimo sindacale della comunicazione moderna.

In cambio, ho guadagnato due ore di vita libera al giorno. In un anno fanno quasi trentuno giorni: praticamente un mese di ferie in più da dedicare al contatto con me stesso e alle relazioni con gli altri.

Desidero comunicare da quando ho imparato a scrivere. All’inizio affidavo i pensieri a un diario; poi, con l’arrivo di internet, ho colto l’occasione per amplificare la comunicazione. Ma quando tutto è sfuggito di mano — negli ultimi dieci anni — mi sono accorto che non erano più gli strumenti a servirmi, ma io a servire loro.

Lettura, scrittura, riflessione… e anche le relazioni — a partire da quella con me stesso, e sì, anche con Dio — erano diventate come le storie di Instagram: rapide, superficiali, cancellabili in ventiquattr’ore.

Adesso provo a recuperare il tempo vero, quello che passa sì, ma lascia ricordi ed esperienze e non si scrolla via.

venerdì 27 giugno 2025

L'amore vero anziché perfetto

Colei che tra qualche ora diventerà la moglie di Bezos ha la stessa età della mia.

Ma la mia ha lo stesso sorriso che mi fece girare la testa (in senso letterale, davvero) quando irruppe nella mia vita quel lontano 3 febbraio del '91.

La sua, sfoggia una pelle innaturalmente liscia e un sorriso che non somiglia più a quello della bella giornalista ispanica, realizzatasi nonostante la dislessia.

La mia ha ancora quegli irresistibili incisivi leggermente separati che adoro, gli stessi che Ornella Muti ha scelto di correggere. Che errore!

La mia ha lo stesso sorriso così bello da farmi passare le peggiori paturnie solo a sfiorarlo con lo sguardo. Gli stessi occhi verdi, intensi e grandi che conosco, riconosco e non mi stanco mai di contemplare.

E non teme di invecchiare insieme a me e come me, perché sa che quei ragazzi che si accorsero di non essere più soltanto amici quel 1° luglio del 91, sono ancora lì col loro amore tanto imperfetto quanto vero.

E sanno che il tempo che passa non ruba loro la bellezza ma la trasforma in armonie che non svaniscono.

Armonie con una metrica che rallenta, ma che può generare accordi sempre più intensi. E veri. 

giovedì 26 giugno 2025

La vera connessione: rivelazioni a piazza San Pietro

Piazza San Pietro. Una figura esile e accartocciata siede all'ingresso di una tenda socchiusa, lo sguardo fisso a terra.

"Povera donna," penso, "probabilmente un'alcolista, o forse persa nei meandri di chissà quale malattia mentale."

Mi avvicino con cautela, e ciò che scopro mi sorprende: la "barbona smarrita" è in realtà una giovane donna tonica e curata. Pure bella.

Non sta fissando il vuoto, ma un magnifico volto di Cristo che sta rifinendo con il carboncino.

L'avevo etichettata come una disperata malata mentale, ma era più profondamente connessa con se stessa – forse anche con Dio? – di quanto lo fossi io in quel momento.

E scopro che è solo avvicinandosi senza giudicare che si può davvero vedere, comprendere e, forse, incontrare. 

martedì 24 giugno 2025

Se me lo imponi dov'è la libertà?

Non siamo obbligati a usare Meta AI, è vero. Ma la sua icona è sempre lì: fissa, visibile, a pochi millimetri da quella che serve per iniziare una nuova chat.

Il 24 giugno, su WhatsApp, è comparsa l’icona di Meta AI: l’intelligenza artificiale firmata Meta.

Non l’ho scelta. Non l’ho attivata. E, cosa peggiore, non si può rimuovere.

Ho provato a “parlare” con la stessa Meta AI: mi ha ripetuto come un mantra che si può disattivare. Ma non è vero. L’icona resta lì, inchiodata. Non ha mai ammesso esplicitamente che non si può eliminare, ma nei fatti è così.

Ho contattato il supporto di WhatsApp. Risposta? Una versione umana del bot: la stessa cantilena. Ho riformulato la domanda in ogni modo possibile, e a un certo punto mi è stato chiesto di fornire “ulteriori dettagli”. Come se fossi io a non capire.

L’ultimo messaggio:

"La domanda potrebbe ricevere una risposta più accurata da parte di un team che si occupa di questo problema."

Serve un team per dire che Meta sta sfruttando la sua posizione dominante per imporre una strategia commerciale aggressiva e predatoria?

Una scelta strategica. Invisibile agli occhi, ma potentemente presente e cliccabile, per curiosità, per sbaglio...
Penso agli adulti, ma soprattutto ai ragazzi, ai bambini. A chi usa WhatsApp senza capire davvero cosa c’è dietro.

Imporre uno strumento — anche neutro — senza consenso, senza informazione e formazione, è un abuso.

Un abuso silenzioso, al quale stiamo acconsentendo per pigrizia o rassegnazione.

Abbiamo alternative. Signal, per esempio, funziona benissimo.

Ma continuiamo a stare su WhatsApp. Per abitudine. Per paura. Perché disinstallarlo richiederebbe un vero atto di coraggio.

Ma ne siamo ancora capaci oggi?