"In una dimensione esclusivamente digitale perdi tante competenze che abbiamo impiegato milioni di anni per sviluppare (...). Perché lasciare che noi stessi si sia tutti racchiusi in un universo bidimensionale in cui lo spazio e il tempo vengono quasi completamente dissolti?
Noi viviamo nello spazio e nel tempo; sono le colonne d'Ercole della nostra esistenza. Se vivi attraverso queste impari a gestire la fatica che ciò richiede.
Se vivi in una vita bidimensionale ti senti molto più leggero perché non hai più a che fare con lo spazio e quasi non hai più a che fare con il tempo.
Quando torni da sta parte tu non hai sviluppato alcuna muscolarità, per cui finisce per diventare una sorta di droga.
Qui non sai più come vivere. Devi vivere per forza lì perché qui non hai più la struttura per sostenere i disagi che ti offrono lo spazio e il tempo." (Paolo Bonolis, a "Passa dal BSMT)
In questi venti giorni senza social e con lo smartphone ridimensionato, ho sentito una sorta di perdita di questa muscolarità, in ogni senso. Ma ora, vivo con gioia il piacere di ritrovarla.
La gioia di tornare a leggere con gusto, assaporando il piacere di immergermi nelle pagine, lasciandomi toccare, emozionare, interrogare dalla lettura.
Il piacere di prendermi cura, finalmente, delle piante sul terrazzo che da tempo gridavano vendetta.
Nei cosiddetti "tempi morti", alzo lo sguardo, osservo ciò che mi circonda, parlo con chi incontro, penso, sogno, progetto.
Scopro dettagli, situazioni, persone che prima non vedevo più.
Mi sento meno tonto. E con sorpresa — e soddisfazione — mi accorgo che non dimentico più le cose da fare.
Qualunque cosa stia facendo, ci sono. Presente, qui e ora. Senza quell'urgenza ansiosa di sbloccare il cellulare come se fossi in costante allerta.
E non succede niente. Anzi. Libero dal bisogno di farlo e dall'ansia che ne deriva, mi ritrovo a pensare serenamente ai fatti miei.
Meno stordito. Più presente. Più libero. Più sereno. Meno solo. E più forte di fronte alle fatiche della giornata.
Ridimensionare lo smartphone è stato il modo più semplice per tornare ad ascoltare la vita che mi parla.
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